The Evil Within 2 Recensione

The Evil Within 2 è un bel seguito... ma non perde forse per strada le favolose atmosfere ansiogene del predecessore?

A distanza di tre anni dall’uscita del primo The Evil Within, survival horror psicologico concepito e diretto dal maestro Shinji Mikami, creatore di saghe storiche come Resident Evil e Dino Crisis, Sebastian Castellanos torna all’inferno… questa volta, per salvare sua figlia. Il testimone passa da Mikami a John Johanas, nuovo director per un sequel molto interessante, con tante belle trovate e qualche sbavatura. Sviluppato da Tango Gameworks ‒ team in cui lavora anche il nostro Alessandro “anr102” Silvestri come UI Artist e del quale siamo molto orgogliosi del suo lavoro ‒ e pubblicato da Bethesda Softworks, ecco The Evil Within 2. Inizio subito con l’avvisare che la spiegazione di alcuni dettagli o altro potrebbe comportare spoiler per il primo capitolo, qualora chi legga non l’abbia ancora giocato (provvedete a farlo).

Inoltre, The Evil Within 2 va preso per quello che è: se vi aspettate un seguito sulla falsariga del primo, potreste non apprezzarlo particolarmente e rimanerne in parte delusi. Se invece non vi aveva soddisfatti granché, essendo assolutamente non privo di difetti e a tratti grezzo, allora potreste trovare in questo seguito quello che volevate dal predecessore. Insomma, bando alle ciance, è giunto il momento di rivivere un incubo! L’ascesa all’inferno Se avete portato al termine The Evil Within, saprete che il tutto fosse ambientato nello STEM, una sorta di mondo virtuale/illusorio in cui tutte le menti sono interconnesse ad un nucleo che altro non è che una persona in particolare, la quale mantiene in vita questo mondo fittizio. Lo STEM è creato dall’organizzazione segreta Mobius, i cui scopi ed intenzioni lascio scoprire a voi.

Andando quindi al nocciolo della questione, sappiate che il nostro Sebastian Castellanos, dopo esser sfuggito all’incubo del Beacon Mental Hospital (in cui lo STEM si era corrotto per volere del nucleo, impazzito e desideroso di potere e vendetta), è finito in una forte depressione, affogando tutte le sue frustrazioni nell’alcol. Nessuno crede al terrore che egli ha vissuto; rimasto solo senza una famiglia, con la moglie scomparsa ed una figlia apparentemente morta, la vita di Sebastian è il ritratto di un uomo a pezzi. Proprio quando non poteva che andar peggio, ecco che ricompare la Mobius.

Ecco che un volto noto entra in scena: Juli Kidman, la quale ha agito nell’ombra durante gli eventi del primo capitolo proprio per conto della Mobius. Sarà lei a convocare Sebastian, per volere dell’organizzazione segreta, svelandogli che l’incendio in cui sua figlia Lily sarebbe morta, era stata in realtà tutta una messinscena. Una montatura ben studiata. Lily è stata rapita dalla Mobius per ricreare un nuovo mondo tramite il macchinario, STEM: Union. Tuttavia, la piccola sembra essere rimasta intrappolata al suo interno e non essendoci possibilità di disconnetterla in maniera semplice, toccherà a Sebastian trovarla e salvarla. E sarà proprio per sua figlia che ritornerà all’inferno, poiché non ha altra scelta. La bambina, infatti, è sparita per conto di qualcuno e anche a Union toccheranno grossomodo le sorti del Beacon, se non peggio, considerando che con il nucleo sparito il mondo vada man mano sgretolandosi, cadendo letteralmente a pezzi e diventando sempre più instabile. In maniera molto approssimativa è questo l’incipit narrativo di The Evil Within 2.

A differenza del primo, la storia scorrerà in modo più chiaro, non rivelandosi questa volta criptica e confusionaria, dove anche la perdita di un semplice file poteva essere fatale. Il cambio dello sceneggiatore è dunque evidente. Ciò permetterà quindi di lasciar più spazio al lato emotivo e ad un approfondimento maggiore dei personaggi e della trama del gioco, dove questa volta verranno spiegati per filo e per segno tutti gli eventi. Tuttavia, ciò sacrificherà in buona parte l’atmosfera che aveva caratterizzato il primo struggente The Evil Within, poiché non ci sarà alcun effetto sorpresa, siccome questa volta sappiamo di essere nello STEM e quindi in un mondo ricreato attraverso menti interconnesse tra loro (per cui siamo consapevoli che tutto sia illusiorio; non esistono mostri). Inoltre, con questo tipo di narrazione, verrà a mancare tutto il lato horror psicologico.

Come se non bastasse, ci mette un bel po’ ad ingranare, con fasi di gioco fin troppo diverse tra loro, sembrando quasi suddiviso in una struttura a più inizi e più fini, rendendo il ritmo abbastanza altalenante. Inizieremo quasi a mo’ di thriller investigativo per poi arrivare tutto d’un tratto all’horror macabro ed oscuro, con alcuni momenti davvero di spessore proprio in queste fasi, chiudendo il tutto forse piuttosto frettolosamente, seppur dal lato registico ed emotivo ci sia ben poco da rimproverare. Tutto ciò porta ad un’unica conclusione, ovvero che era necessario gestire al meglio le potenzialità e forse qualcosina non era del tutto necessaria, considerando che alla fin fine allunghi solo il brodo. Inoltre, The Evil Within dà il meglio di sé proprio quando mostra il suo lato macabro ed onirico, per tal motivo bisognava optare per una narrazione più decisa. Il primo, pur essendo criptico e lasciando spazio perlopiù all’interpretazione simbolistica, segue comunque un percorso prestabilito. Il seguito, invece, sembra voler trattare un po’ di tutto e di più, col risultato che non sempre un minestrone risulta più appetitoso se pieno zeppo di ingredienti. Dal punto di vista grafico ci sono netti miglioramenti e stilisticamente il titolo mostra un’ispirazione piuttosto decisa e di impatto, seppur anch’essa a tratti altalenante per le varie alterazioni narrative. Anche nel primo vi era un art direction piuttosto instabile e con molti richiami e citazioni ad altre opere (con gran classe), ma tutto sommato era anche una scelta stilistica per dare una caratterizzazione particolare allo STEM, permettendo di conseguenza svariate possibilità narrative e di game design. In questo seguito, invece, è stato fatto un po’ di caos, però bisogna comunque dire che la Union disgregata ha il suo fascino e ricrea una certa atmosfera.

Pur non raggiungendo il level design e l’estetica del primo capitolo, The Evil Within 2 mostra comunque i suoi muscoli e lo fa proponendo addirittura una novità per il brand: due aree sandbox, incentrate su esplorazione e crafting (i dettagli li vedremo dopo). La cura c’è tutta, nel design, negli effetti particellari (con qualche magagna) e nelle varie illuminazioni, anche se proprio nelle aree all’aperto si notano i limiti più evidenti, come un pop up piuttosto marcato, caricamento in ritardo di alcune texture, svariati cali di framerate (fortunatamente non frequenti) e altri problemi minori di vario tipo. Nelle sezioni più lineari, invece, queste grane son meno marcate, ma talvolta presenti. Del character design, tralasciando che Sebastian sia diventato quasi la “caricatura” di Keanu Reeves, possiamo affermare che vi sia un netto passo in avanti rispetto al primo episodio. Non che nel prequel fossero fatti male, ma il lavoro svolto in questo episodio è molto più curato e ricercato. I personaggi sono realizzati davvero bene anche se non convincono appieno le animazioni dei volti, non sempre perfette. Il bestiario pure dimostra di avere una marcia in più rispetto al prequel, anche se qualche mostro e boss non convincono ancora appieno.

Parlando poi proprio dei boss, pur essendo comunque particolarmente ispirati, quelli del prequel risultano superiori. Volendo anche parlare dei vari oggetti e delle armi, notevole il lavoro svolto per la ricreazione dei rispettivi modelli, e questa volta si è optato per esemplari più recenti a differenza di quelli visti nel primo The Evil Within. Non ci saranno le bande nere per l’esperienza cinematica, poiché verranno sbloccate al termine del gioco, a differenza del prequel nel quale era possibile selezionarle o rimuoverle fin da subito. Scelta molto discutibile, peraltro. La colonna sonora è di pregevole livello, però visti dei picchi di spessore in alcuni capitoli in particolare, rimane un po’ l’amaro in bocca per il potenziale che poteva esprimere. Ci sono alcuni brani che presi singolarmente superano anche quelli di Masafumi Takada, compositore del primo capitolo, però nel complesso la soundtrack realizzata da Masatoshi Yanagi non riesce a sopraffare il pregevole lavoro del prequel. Anche le musiche, infatti, contribuivano maggiormente a rendere il titolo ansiogeno allo stato puro. In questo secondo episodio, si avverte la mancanza di qualche brano più incisivo per dare una marcia in più alle atmosfere horror. Risultano comunque validi, per non parlare dei migliori, riproposti verso le fasi finali e che mostrano tutte le qualità del nuovo composer, il quale poteva osare molto di più. Complessivamente, la soundtrack merita e si mantiene su livelli standard. Peccato per non aver messo quel pizzico di pepe in più, usato solo in alcuni pochi momenti in particolare. Nota positiva è la presenza del riarrangiamento della stupenda Clair de Lune di Claude Debussy, presente nel prequel nelle Save Room e riutilizzata qui per lo stesso motivo.

Benvenuti a Union Come dicevamo poco sopra, The Evil Within 2 propone due ambienti aperti in stile sandbox, con fasi esplorative, svariate cose da trovare ed addirittura qualche missione secondaria. Non mancheranno le sezioni lineari, ma buona parte del gioco si svolgerà tra le due zone ed un punto di interconnessione, denominato Midollo, il quale permette di raggiungere vari punti della location in questione. Essendo quindi incentrato molto sull’esplorazione, sono state ampliate le possibilità offerte nel sistema di crescita e di potenziamento delle armi. Il cosiddetto albero delle abilità di Sebastian conterà molti più parametri che sarà possibile potenziare; stesso discorso vale per l’equipaggiamento. Ritorna il gel verde che questa volta servirà esclusivamente per incrementare le abilità del protagonista. Per quanto riguarda invece l’armamentario, sarà possibile effettuare potenziamenti con le parti di armi che si trovano in giro. Come se non bastasse, vi sarà la polvere da sparo per creare munizioni, richiamando per i più nostalgici il mitico Resident Evil 3: Nemesis, nonché altri elementi che serviranno per creare i dardi da utilizzare con la balestra (la maggior parte combinati alla polvere da sparo). Sempre nel processo di creazione sarà possibile pure creare con dell’erba (anch’essa ci ha ricordato molto Resident Evil) le siringhe o i kit medici per recuperare salute.

Per potenziare le armi sarà necessario trovare dei banchi da lavoro, mentre le munizioni potrete crearle in qualsiasi momento, ma consumerete più materiali optando per questa scelta (che però potrebbe salvarvi la vita in più di un’occasione). Quanto detto potrebbe farvi storcere il naso per il semplice motivo che potreste pensare ad un numero elevato di risorse, ma non sarà invece così. Potrebbe capitare infatti che restiate al secco o con pochissime munizioni e dovrete cavarvela in modi alternativi (ricordiamo che tutto comunque dipende anche dal livello di difficoltà scelto). Tra questi tornano le varie possibilità stealth, ancor più marcate rispetto al passato. Nelle sezioni all’aperto potrete farvi strada in svariati modi ed approcci differenti, oppure facendo una carneficina, qualora siate ben forniti di piombo. Ovviamente, nelle zone all’aperto potrete anche superare i vari nemici senza ucciderli, limitandovi a non farvi scoprire, cosa che farete soprattutto nelle fasi iniziali di gioco, essendo sprovvisti di un equipaggiamento corposo.

Tutto sommato, quindi, non delude da questo punto di vista, però la nota è piuttosto negativa nelle fasi stealth delle sezioni lineari. Non sempre sono all’altezza, a causa di una disposizione non convincente dei nemici e per un level design incerto. Apprezzabilissime invece quelle dedicate ad una sorta di spettro da cui bisogna sfuggire senza farsi scoprire, relegate però ad eventi secondari. Un vero peccato, poiché riescono a ricalcare piuttosto bene la tensione e l’effetto ansiogeno, elementi di cui questo titolo aveva fortemente bisogno, più del crafting o delle zone sandbox. Tra le altre novità introdotte in questo secondo episodio, troviamo il trasmettitore, il quale servirà per scovare alcune interferenze e segnali radio appartenenti alle missioni principali o ad extra, oltre che per tenersi in contatto con Kidman ed altri membri della Mobius connessi allo STEM. Elemento di una certa importanza, mancante nel primo, è la mappa, introdotta in questo episodio. Essa però non sarà sempre visibile in alcuni luoghi e momenti particolari. Tramite i vari segnali radio, potreste scovare sulla mappa svariati tipi di scorte rilasciate dagli agenti della Mobius deceduti, oppure altre cose. Per favorire fughe o comunque per cercare di dare anche un senso di sicurezza al giocatore, vi saranno i rifugi, nei quali è possibile riposarsi e bere del caffè per ripristinare l’intera salute.

Simpatico inoltre il poligono di tiro, accessibile ad un certo punto della storia dalla stanza di Sebastian. Ricorda moltissimo Resident Evil 4, con differenti premi basati sul punteggio ottenuto. Infine, non mancheranno i vari file da trovare che approfondiranno aspetti della trama ed interrogativi irrisolti, ed in più ulteriori oggetti che vanno ad arricchire la componente extra di questo titolo. Il sistema di mira purtroppo non sembra particolarmente migliorato, anzi. Potremmo infatti dire che forse è pure peggiorato, poiché a distanza ravvicinata, nel prequel potevamo limitarci a prendere la mira e far fuoco senza puntamento, in modo tale che la visuale non zoomasse alle spalle del mirino, rendendo più facile colpire i nemici vicini con la pistola. Nel secondo, per sparare sarà necessario per forza di cose puntare, poiché il tasto RT, da solo, è relegato all’attacco fisico che questa volta Sebastian effettuerà con coltello anziché col pugno. In sostanza, rimane pur sempre una scelta quella di rendere i movimenti del protagonista piuttosto goffi ed il sistema di puntamento non da TPS puro, però quantomeno qualche miglioria sarebbe stata apprezzata. Parlando del ritmo altalenante e dei capitoli fin troppo diversi tra loro, dal punto di vista ludico troviamo scelte di game design non sempre comprensibili.

Spesso sembra che The Evil Within 2 voglia pretendere ed offrire troppo, ma non brillando del tutto in quello che propone. Ci sono alcuni capitoli fantastici, videoludicamente di spessore e caratterizzati da una regia magistrale, ma allo stesso tempo non mancheranno sequenze di gioco noiosette e poco avvincenti, nonché spesso e volentieri un tantino frustranti se raggiunte con poche munizioni, siccome non sempre le possibilità stealth sono elevate e a volte risultano pure mal implementate. Anche per le boss battle vale lo stesso discorso: alcune sono davvero interessantissime, ma altrettante niente di che e lontane dallo stile e dalla qualità del predecessore. Sarebbe stato quindi meglio concentrare gli sforzi per seguire un’unica direzione, anziché voler osare fin troppo. Sia chiaro che il titolo grazie alle meccaniche snellite e alle varie aggiunte risulta più piacevole da giocare, pur con i suoi difetti. Però non basta esclusivamente la giocabilità a rendere il gameplay solido e di alto livello.

Momenti di rilievo tuttavia non mancano, ma distribuiti maluccio e mettendo fin troppa carne al fuoco. Grazie alle tante cose da fare e ad una campagna principale comunque non affatto breve, The Evil Within 2 potrebbe tenervi per parecchio tempo incollati allo schermo. Nonostante qualche problema ed alcuni difetti, il titolo si lascia comunque giocare senza non molti problemi. Anche se la trama non brilla per chissà quali incredibili trovate e novità, i personaggi, alcuni momenti in particolare e la regia di certe scene specifiche, sapranno colpire il fruitore dell’opera, il quale ai titoli di coda appurerà che il viaggio vissuto insieme a Sebastian rimarrà impresso nel cuore, nel bene e nel male.




Conclusioni

The Evil Within 2 è in definitiva un bel seguito, che cerca di spianare la strada per qualcosa di diverso e più particolare rispetto al primo episodio. Al contempo, però, perde in buona parte le atmosfere superlative del prequel, concentrando l’esperienza sui traumi interiori di Sebastian più che nei cripticismi. Sebbene ansia e tensione siano meno marcate, non sono comunque sparite del tutto ed infatti in molte occasioni il titolo ricorda le sue origini. Se non fosse che cerca di mettere fin troppa carne al fuoco, perdendo lo spirito di cui si avvaleva il prequel diretto da Mikami, adesso saremmo potuti essere qui a parlarvi di come “l’allievo avesse superato il maestro”.

Non saranno comunque le incertezze e le fasi di gioco meno interessanti a rovinare l’esperienza complessiva dell’opera, fatta anche di momenti notevoli e caratterizzata da trovate di spessore e che rendono, in linea di massima, il titolo piuttosto particolare. Non sappiamo se ci possa essere un terzo episodio; semmai divenisse realtà, Tango Gameworks potrebbe fare tesoro dei due prodotti, prendendo il meglio di entrambi e proponendo l’esperienza definitiva di The Evil Within.
Ci tengo inoltre a precisare una cosa, ovvero che il sottoscritto ritiene migliore il primo capitolo pur avendo dato un voto più alto al suo sequel. Questo perché non ho recensito io The Evil Within, il quale avrei analizzato diversamente dandogli un voto più alto. In sostanza, per concludere, The Evil Within 2cerca di adattarsi ai meccanismi odierni ed in parte propone una formula di gioco notevole. Solo che alla lunga potrebbe stancare un pochino, poiché pur essendo più esplorativo e proponendo diverse cose da fare, alla fin fine risulta comunque piuttosto ridondante. Per fortuna arrivano le fasi lineari che incrementano il ritmo e anche le atmosfere horror, ma purtroppo con idee piuttosto confusionarie e situazioni risolte in maniera frettolosa.
Concludendo, possiamo comunque dire che il titolo meriti e che nonostante tutto si sia dimostrato un seguito di tutto rispetto e che vale assolutamente la pena giocare e prendere in considerazione.

Pregi

  • Meccaniche di gioco arricchite e snellite
  • Solida regia
  • Aree sandbox molto interessanti

Difetti

  • Angoscia ed atmosfera del predecessore?
  • Alcune boss battles poco ispirate
  • Ritmo altalenante
7.8

Buono

Appassionato di videogiochi sin dalla tenera età di 3 anni, scrive per il settore dal 2010 e da allora non si è più fermato. Nutre amore profondo per Nintendo ed i suoi brand, in particolare per quello di The Legend of Zelda. Col tempo, però, ha conosciuto e scoperto tante nuove produzioni, sia odierne che del passato, affinando i suoi gusti e la sua cultura videoludica. Nel tempo perso, ambisce a diventare un game designer ed un compositore-musicista, ma al momento restano sogni chiusi nel cassetto... almeno per ora!

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